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Regione Piemonte

Miele

Il Miele del Comune di Ferrere


 

Ferrere è il paese della Provincia di Asti col maggior rapporto tra numero di alveari ed abitanti.

La produzione apistica rimane nei nostri territori un piccolo comparto dell’attività agricola, ma ha raggiunto ottima qualità ed elevata diffusione, integrando anche il reddito delle aziende agricole, grazie alla competenza, professionalità e dedizione che gli apicoltori hanno sviluppato. Il nostro paese ha una conformazione composta da valli e colline in parte dolci e in parte scoscese, dove il bosco, in mancanza di colture predominanti, è un elemento frequente oltre che nei classici pendii scoscesi, anche nei versanti più dolci alternato ai campi e nei fondovalle. Le fitte alberate per lo più di acacie lungo i rii sono una vera fonte di produzione per questo tipo di miele. Un ambiente quasi incontaminato questo, che consente alle api una notevole quantità di nettare, per una scarsa attività agricola intensiva, con meno trattamenti di insetticidi, erbicidi ed antiparassitari.

Il miele è un alimento prodotto dalle api (ed in misura minore, da altri imenotteri). Viene prodotto a partire dal nettare e dalla melata,  prodotta da vari afidi i cui escrementi zuccherini sono la base alimentare per numerosi insetti. Il nettare è bottinato sui fiori di moltissime piante. Il miele in parte è usato come nutrimento dalle api e in parte è trasformato in cera d’api per costruire le celle esagonali.

Nell’antico Egitto il miele era apprezzato; risalgono a 4000 anni fa le prime notizie di apicoltori che si spostavano lungo il Nilo per seguire, con le proprie arnie, la fioritura delle piante. Gli Egizi usavano deporre accanto alle mummie grandi coppe o vasi ricolmi di miele per il loro viaggio nell’Aldilà. Dalla decifrazione dei geroglifici è risultato palese che ricette a base di miele erano impiegate non solo ad uso alimentare, ma anche medico, per la cura di disturbi digestivi e per la produzione di unguenti per piaghe e ferite

I Sumeri lo impiegavano in creme impastate con argilla, acqua e olio di cedro, mentre i Babilonesi ne facevano uso culinario: erano diffuse focaccine fatte con farina, sesamo, datteri e miele. Nel Codice di Hammurabi si ritrovano articoli che tutelano gli apicoltori dal furto di miele dalle arnie.

I Greci lo consideravano “cibo degli dei”, perché rappresentava una componente importantissima nei riti che prevedevano offerte votive. Omero descrive la raccolta del miele selvatico; Pitagora lo raccomandava come alimento per una vita lunga. Si narra che il corpo di Alessandro Magno, appena deceduto sia stato immerso in un sarcofago colmo di miele.

I Romani ne importavano grandi quantitativi da Creta, Cipro, dalla Spagna e da Malta. Da quest’ultima pare anche derivarne il nome originale Meilat, appunto terra del miele. Veniva utilizzato come dolcificante, per la produzione di idromele[3], di birra, come conservante alimentare e per preparare salse agrodolci.

Nella alimentazione medievale il miele aveva un ruolo ancora centrale, seppure ridotto rispetto all’antichità[4], ed era usato principalmente come agente conservante oltre che dolcificante.

Il miele fu gradualmente soppiantato come agente dolcificante nei secoli successivi, soprattutto dopo l’introduzione dello zucchero raffinato industrialmente.

Solo recentemente, in virtù delle riconosciute proprietà terapeutiche, il miele sta ritornando un alimento apprezzato per le sue molteplici qualità

Le principali fonti di approvvigionamento sono il nettare, prodotto dalle piante da fiori (angiosperme), e la melata, un derivato della linfa degli alberi prodotta da alcuni insetti succhiatori come la metcalfa, che trasformano la linfa trattenendone l’azoto ed espellendone il liquido in eccesso ricco di zuccheri.

Per le piante, il nettare serve ad attirare vari insetti impollinatori, e permette di assicurare la fecondazione dei fiori. A seconda della loro anatomia, e in particolare della lunghezza della proboscide, le api domestiche possono raccogliere il nettare solo da alcuni fiori, che sono detti appunto melliferi.

La produzione del miele comincia nell’ingluvie dell’ape bottinatrice (la cosiddetta borsa melaria), dove il nettare raccolto viene accumulato.

Giunta nell’alveare, l’ape rigurgita il nettare, che a questo stadio si presenta molto liquido.

Il compito passa alle api operaie, che per 30 minuti digeriscono il nettare scindendo gli zuccheri complessi in zuccheri semplici, utilizzando enzimi come l’invertasi.

L’elaborazione del nettare viene ultimata con la sua disidratazione, per prevenirne la fermentazione. A questo scopo, le api operaie lo depongono in strati sottili sulla parete delle celle. Le api ventilatrici mantengono nell’alveare una corrente d’aria che determina l’evaporazione dell’acqua. Il miele impiega in media 36 giorni per maturare, ma la durata varia a seconda dell’umidità iniziale del nettare. Viene quindi immagazzinato in altre cellette che, una volta piene, saranno sigillate (opercolate).

Le api utilizzano il miele come nutrimento; in caso di grande freddo la produzione assolve totalmente ai bisogni dell’alveare

Estrazione dei melari: Le api accumulano il miele prodotto nei favi contenuti nei melari. Al momento opportuno l’apicoltore decide di toglierli dall’arnia per portarli in laboratorio ed iniziare l’estrazione del miele. Questa fase comporta la necessità di togliere le api contenute nel melario. Per questa operazione vengono alternativamente utilizzati due strumenti: il soffiatore, oppure gli apiscampi. Il soffiatore viene utilizzato dagli apicoltori professionisti perché più rapido e perché è sufficiente una sola visita per completare l’estrazione dei melari. Il melario viene posto in verticale sull’arnia, il soffiatore spazza via tutte le api in pochi secondi ed il melario è pronto per essere portato via. Gli apiscampi invece devono essere posti tra il nido ed i melari qualche giorno prima di poter portar via i melari e quindi è necessario effettuare due passaggi. Vengono utilizzati, seppure inefficienti, dagli apicoltori hobbisti in quanto (in numero limitato) sono più economici del soffiatore.

Stoccaggio dei melari: Una volta tolti dalla loro posizione sopra l’arnia, i melari vengono portati in laboratorio ed accatastati. In questo momento è opportuno controllare il grado di umidità del miele con un particolare tipo di rifrattometro chiamato mielometro. Se risultasse troppo umido occorrerebbe procedere alla fase di deumidificazione.

Disopercolatura: i favi dei melari sono generalmente opercolati, ovvero con le cellette chiuse con un tappo di cera. Occorre togliere questo “tappo” per permettere al miele di fuoriuscire. Questa operazione viene effettuata manualmente con una apposita forchetta o coltello, oppure attraverso un procedimento meccanizzato grazie alla macchina disopercolatrice.

Smielatura: Una volta disopercolate le celle, i telaini vengono posti nello smielatore che, grazie alla forza centrifuga, fa fuoriuscire il miele. Dallo smielatore il miele viene convogliato nei maturatori anche in questo caso con procedimenti differenziati tra professionisti ed hobbisti. I primi utilizzano un sistema di tubi e pompe, mentre i secondi preferiscono i più economici secchi (detti “latte”).

Filtraggio: Il miele viene versato nei maturatori passando attraverso i filtri che raccolgono i residui di cera, i resti delle api e qualsiasi altro materiale fosse accidentalmente finito nel miele. I filtri hanno maglie di diverse dimensioni e, di solito, se ne utilizzano un paio con maglie differenziate (larghe, sottili). Vengono utilizzati anche filtri a sacco di nylon.

Decantazione del miele: Nella fase di smielatura il miele acquista aria che viene eliminata nella fase di decantazione: nel maturatore il miele decanta e l’aria viene a galla sotto forma di bollicine che formano la schiuma.

Schiumatura: In questa fase viene eliminata la schiuma prodotta dalla fase di decantazione.

Invasettamento e Conservazione: Una volta tornato limpido per l’eliminazione dell’aria e prima che inizi la cristallizzazione il miele può essere invasettato (per la vendita al dettaglio) o versato in latte o fusti (per la vendita all’ingrosso).

Grazie alle qualità di antibatterico naturale, il miele è un alimento che naturalmente ha una lunga conservazione. Tuttavia, sono possibili alcune alterazioni dovute principalmente a:

I 3 fattori che alterano le qualità del miele sono: umidità, luce e calore.

L’umidità favorisce la fermentazione, che pur alterando il miele, può essere utilizzata per produrre l’idromele. La temperatura invece influenza direttamente l’aroma e i principi nutritivi: mentre al di sotto dei 10 °C è trascurabile, due mesi a 30 °C degradano il miele come un anno e mezzo a 20 °C. Analogo discorso vale per la luce diretta, quindi è opportuno conservare il miele in recipienti scuri o al chiuso. Inoltre, essendo igroscopico, il miele tende ad assorbire l’umidità e gli odori dell’ambiente, quindi i contenitori dovrebbero essere a chiusura ermetica.

Nonostante queste variabili il miele, se conservato in ambiente sigillato può durare praticamente per millenni, per esempio in una tomba egizia fu rinvenuto un barattolo di miele vecchio di 3300 anni ancora in buono stato di conservazione.

Proprietà specifiche del miele: Nel miele esiste una discreta presenza di oligoelementi (quali rame, ferro, iodio, manganese, silicio, cromo, presenti soprattutto nei mieli più scuri), vitamine (A, E, K, C, complesso B), derivati dell’acido caffeico enzimi e sostanze battericide ed antibiotiche: queste ultime categorie di sostanze permettono in particolare al miele di essere conservato a lungo, e ne giustificano l’utilizzo come disinfettante naturale. Sono presenti tracce di olii volatili, da cui dipendono le proprietà organolettiche.

Nella medicina erboristica, il miele è suggerito per la cura del sistema emopoietico (grazie alla ricchezza di sali), del sistema cutaneo (favorisce la cicatrizzazione e l’idratazione[24]), del sistema nervoso (migliorerebbe sonno e concentrazione), dell’apparato respiratorio (contro tosse e catarro[24], sciolto in latte o tè), dell’apparato circolatorio (si presuppone abbia un’azione ipotensiva), dell’apparato digerente (regolarizzerebbe l’attività escretoria dei succhi gastrici e della flora batterica, migliorerebbe l’assorbimento di calcio e magnesio, sarebbe leggermente lassativo fatta eccezione per quello di lavanda o castagno).

Sebbene qualsiasi tipo di miele sia ritenuto utile per alleviare i disturbi sopracitati, dalla flora nettarifera, cui si aggiunge una più o meno lunga stagionatura, dipendono proprietà farmacologiche più specifiche: il miele d’acacia sarebbe disintossicante e antinfiammatorio delle vie respiratorie, quello di tiglio avrebbe proprietà sedative e sarebbe utile contro l’emicrania, il miele d’eucalipto sarebbe espettorante, vermifugo e antitosse, quello d’erica diuretico ed antianemico, quello di lavanda risulterebbe utile sulle bruciature per uso esterno, il miele di conifera sarebbe utile contro le affezioni respiratorie, il miele di biancospino verrebbe consigliato contro ansia ed insonnia, quello di castagno sarebbe utile contro la cattiva circolazione.

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